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Keep calm and…come sopravvivere ai terribili due anni

Ultimamente, una delle parole che uso più spesso in casa è “Calmati!. Mi rivolgo al duenne, Marco, che sta vivendo in pieno la fase dei famigerati “terrible twos”. Non so se ho rimosso la stessa fase vissuta dal quattrenne Fabio, o se, semplicemente, con lui le cose sono state più semplici.

Forse è proprio così, con Fabio l’abbiamo passata liscia 🙂
D’altra parte, le differenze tra i due fratelli, che fisicamente si somigliano molto, sono evidenti. Un temperamento più tranquillo per Fabio, che però non ti dà un bacio nemmeno sotto tortura :-), e più agitato per Marco, affettuoso e prodigo di complimenti.
Sarà anche l’età diversa, ma Fabio non è mai stato così nervoso e determinato ad ogni costo a fare a modo suo, nemmeno nei terribili due anni, che non sono passati poi da molto tempo.
Due temperamenti diversi, che richiedono uno stile di comunicazione differente.
Marco passa repentinamente dall’essere un dolce cucciolo d’uomo a ruggire con un “No! Così non va bene!”, lanciandoti uno sguardo di sfida che mi lascia basita.
I motivi del suo dispapunto sono molteplici, e penso siano comuni a molti “terribili duenni” come lui. Qualche esempio?
Marco s’innervosisce ogni volta che gli si nega qualcosa che, in quel momento, lui reputa indispensabile. Se si tratta di voler mangiare la merenda a mezzogiorno non posso fare altro che negargliela, registrare la sua rabbia e cercare di contenerla, distraendolo poi con un’altra attività.
Se, invece, lui desidera per esempio indossare una maglietta o delle scarpe diverse da quelle che avevo preparato cerco di accontentarlo, se è possibile.
Quello che insisto a fare, però, è fargli ripetere la richiesta con calma, senza piangere per il nervosismo e senza agitarsi e alzare le mani. Va bene che lui sta esprimendo un bisogno, ma credo sia importante imparare a chiedere senza prepotenza.
Sfodero tutta la pazienza di cui sono capace, e anche un po’ di più, per ripetergli “Calmati!” con voce pacata ed espressione comprensiva. A volte mi costa uno sforzo immenso, ma ho le prove che urlando a mia volta non faccio altro che alimentare la sua crisi. 
Si dice che, per non far desiderare una cosa a un bambino, l’unico modo è sottrarla alla sua vista; il fatto è che Marco si ricorda bene anche delle cose che non vede in quel momento ed è molto dura convincerlo che non ci siano.
Un’altra cosa che scatena l’ira funesta del duenne è il fatto di non trovare le cose al loro posto. Intendiamoci, non che lui rimetta in ordine i giochi che sparge ovunque per casa…no. Il suo desiderio è ritrovare alcune cose così come le aveva lasciate, o come è abituato a vederle: da un asciugamano a una macchinina, da un bicchiere al suo spazzolino.

Maria Montessori racconta di un bambino che passeggiava in braccio alla mamma. Quando questa, accaldata, si tolse il cappotto, il bambino cominciò a piangere disperato; la Montessori consigliò alla mamma di rimettersi il cappotto e in effetti il bimbo si calmò subito.

Quando la sistemazione di oggetti e persone non corrisponde al suo ordine mentale, il bambino può andare in crisi, e al mio duenne succede.

La sera, quando andiamo a letto, ci vuole un po’ prima di riuscire a sistemare il cuscino esattamente come lo vuole Marco, che ripete come un disco rotto “No, così non va bene, così non vale!”, fino a quando, finalmente, trova pace nella sistemazione ideale. Stesso iter per il modo in cui gli teniamo la mano prima che si addormenti – cosa che non ho mai fatto con il primogenito, non perché mi rifiutassi ma perché non l’ha mai chiesta -.

Un’altra frase che risuona più volte al giorno in casa mia è “Faccio io!”. Che si tratti di allacciarsi la felpa, spazzare per terra, mettere il dentifricio sullo  spazzolino o addirittura mescolare la zuppa, è una continua dichiarazione d’indipendenza, espressa con forza e molta convinzione.

Anche in questo caso faccio ricorso alle mie riserve di pazienza – ma finiranno prima o poi?! – e cerco di lasciarlo fare. A volte anche un piccolo gesto compiuto in autonomia basta a rasserenarlo.

Altro importante motivo di disappunto del duenne è la fatica di farsi capire, di esprimere le sue esigenze in modo efficace. Nonostante Marco parli bene, non sa ancora usare il linguaggio in modo così preciso da farsi sempre capire al primo colpo. Così, a volte, tra le lacrime risponde al mio “che cosa c’è? come ti posso aiutare?” con un disperato “Perché io…perché io…”, che non riesce a concludere in modo chiaro.

I tuoi terribili due anni somigliano ai miei?

Certo che queste situazioni creano tensione, nervosismo, soprattutto quando siamo stanchi e un po’ stressati. Ci sentiamo spesso  frustrati, perché impotenti di fronte a una situazione che costa fatica gestire.

Io credo che la strada da percorrere sia quella di armarsi di santa pazienza e, soprattutto, partire sempre dal considerare il terribile duenne come un bambino che sta esprimendo un bisogno, o un disagio, e che si sente impotente di fronte a una situazione e una comunicazione che non riesce a gestire come vorrebbe.

Tu come ti sentiresti al posto suo?

Tra l’altro io sono convinta che questa fase abbia evidenti aspetti positivi.

Prima di tutto, è una fase, e passerà. Sì, lo stile comunicativo del duenne si evolverà, si perfezionerà, anche con il tuo aiuto, e gli permetterà di migliorare moltissimo la comunicazione con te e con gli altri. 
Se, all’interno di limiti chiari e definiti, gli si permette di fare tante piccole scelte ed esperienze per diventare più autonomo e per imparare a esprimere i suoi bisogni, gusti e desideri, a un certo punto diventerà più malleabile e la tua giornata sarà più tranquilla.

E poi, francamente, io trovo che questi terribili due anni siano splendidi :-).
E’ splendido vedere tuo figlio che cresce, che comincia a voler fare dei veri discorsi con te, a voler esprimere quello che prova e che desidera.
Vedere la sua personalità che emerge con forza, che ti sfida, che vuole sentirsi invincibile.
Vederlo cercare il contatto con gli altri bambini, andare verso di loro e iniziare una comunicazione magari strampalata ma tenerissima.
Vederlo esprimere con convinzione il desiderio di autonomia, ma poi tornare da te a cercare il tuo abbraccio.
Sentirlo che ti dice “Mamma, tu sei la mia principessa!”.

Per me è splendido, e so che non durerà in eterno.

Godiamoci questi terribili due anni, finché durano! 🙂

A presto,

Adele

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