Non guardo telegiornali da due anni circa, ma basta aprire un qualsiasi sito web di notizie per accorgersi che quest’estate c’è una parola che risuona quasi tutti i giorni: femminicidio.
Un termine fastidioso solo da sentire, che racconta di uomini che hanno ucciso donne che dicevano di amare, magari in presenza dei figli.
Tralasciando le denunce di stalking sottovalutate o mai ascoltate, che a quanto pare non danno garanzia alcuna alle donne molestate, c’è un modo per prevenire questi drammi? Noi, mamme di maschi, possiamo fare qualcosa di concreto, affinché i nostri figli crescano rispettando le donne?
Io penso di sì, e per questo m’interrogo su che tipo di educazione dare ai miei bambini, perché diventino uomini sensibili, non violenti, coraggiosi, rispettosi.
Qualche tempo fa ho letto un articolo sul sito di Donna Moderna, in cui Daniele Novara, pedagogista che organizza corsi per genitori e fa ricerche su come crescere ragazzi equilibrati e rispettosi, cerca di rispondere alla domanda:
E’ possibile crescere maschi migliori?
Mi ha dato alcuni spunti, che si mescolano con le mie riflessioni di mamma imperfetta.
Per prima cosa, va detto che l’uomo violento è un uomo con scarsa virilità. Si tratta di uomini cresciuti di solito con una presenza totalizzante delle donne e padri assenti o, meglio, presenti solo nel loro ruolo da “duri”, di chi minaccia e punisce severamente. Padri di cui non si scopre mai il lato tenero e sensibile, che danno quindi ai figli un’idea distorta della virilità, confondendola con l’abuso della forza.
Emerge quindi subito il ruolo fondamentale del padre che, dice Novara, deve essere una sponda, “come l’argine che permette al fiume di scorrere, senza disperdersi.” E’ importante che i bambini, soprattutto dopo il primo anno di vita, trascorrano del tempo soli con papà, per una passeggiata, un giro in bici, una gita, un gioco o un’attività solo per loro, che abbia un po’ il sapore dell’esplorazione e dell’avventura.
Su questo punto direi che nella mia famiglia ci siamo. Appena può, il papà porta fuori i bambini da solo per un giro in bici, per giocare al parco, per comprare il pane, per andare a vedere gli animali…Essendo perfettamente interscambiabile con me, i bambini non sentono la mancanza della mamma.
No al lettone. Secondo Novara, dietro la scelta del lettone ci può essere una mamma che non vuole far crescere suo figlio, che vuole tenerlo sotto stretto controllo e che, così facendo, blocca lo sviluppo della sua autonomia. Una situazione che causa disagio al bambino, che può diventare un uomo che scarica la sua frustrazione sulla vittima, una donna, come la madre.
“Nella storia della maggior parte dei maschi violenti c’è il lettone tardivo”, afferma il pedagogista.
Da noi questo problema proprio non esiste, perché non mi sono mai sentita portata per il co-sleeping, e a casa nostra ognuno dorme serenamente nel proprio letto :-).
Un altro aspetto da considerare è il litigio.
A casa mia la questione comincia a porsi, avendo due maschietti di due e quasi quattro anni, e sicuramente sarà una situazione che i bambini si troveranno ad affrontare diverse volte anche fuori casa.
Da genitori, che cosa fare per gestire il conflitto?
Per prima cosa, sostiene il pedagogista, lasciando litigare i bambini. Sopprimere lo scontro impedisce a nostro figlio di imparare a gestirlo. E’ importante che i bambini imparino a tollerare l’opposizione degli altri, anche perché pare che alla base degli uomini violenti ci sia una “carenza conflittuale”, un’educazione che non ha dato la possibilità di litigare.
Litigio e violenza non si equivalgono. Cercare il confronto, e lo scontro, è un aspetto sano e positivo della personalità, che non va represso. Il genitore dovrebbe caso mai favorire la comunicazione tra i litiganti, in modo che ognuno possa dare la propria versione dei fatti.
Naturalmente, anche alle bambine va garantita la possibilità di litigare, di farsi valere, così che sviluppino fin da piccole la propensione a difendersi e a non essere vittime.
Basterà tutto questo?
Impossibile dare una risposta certa. In ogni famiglia si creano dinamiche particolari che possono favorire o meno l’indole violenta e possessiva di un futuro uomo.
Da parte mia, credo che anche i maschi debbano contribuire ai lavori domestici, per esempio. Si continua a puntare sulle femmine – tra l’altro non sempre così disponibili ad aiutare – dimenticando che i maschi possono fare esattamente le stesse cose. Cominciare subito a chiedere aiuto in piccole faccende, come raccogliere i giochi da terra, buttare qualcosa nella spazzatura, svuotare la lavatrice, sistemare i propri vestiti, credo possa servire a creare un clima in cui è bello e naturale aiutarsi reciprocamente.
Ora aiutano la mamma e il papà, poi aiuteranno la propria compagna.
Quando è il caso, poi, faccio notare ai miei bambini che donne e uomini possono essere bravi esattamente allo stesso modo nello svolgere alcune attività: il papà cucina, stende, lava i piatti; la mamma guida la macchina, aggiusta le cose, è forte.
A casa mia la questione comincia a porsi, avendo due maschietti di due e quasi quattro anni, e sicuramente sarà una situazione che i bambini si troveranno ad affrontare diverse volte anche fuori casa.
Da genitori, che cosa fare per gestire il conflitto?
Per prima cosa, sostiene il pedagogista, lasciando litigare i bambini. Sopprimere lo scontro impedisce a nostro figlio di imparare a gestirlo. E’ importante che i bambini imparino a tollerare l’opposizione degli altri, anche perché pare che alla base degli uomini violenti ci sia una “carenza conflittuale”, un’educazione che non ha dato la possibilità di litigare.
Litigio e violenza non si equivalgono. Cercare il confronto, e lo scontro, è un aspetto sano e positivo della personalità, che non va represso. Il genitore dovrebbe caso mai favorire la comunicazione tra i litiganti, in modo che ognuno possa dare la propria versione dei fatti.
Naturalmente, anche alle bambine va garantita la possibilità di litigare, di farsi valere, così che sviluppino fin da piccole la propensione a difendersi e a non essere vittime.
Basterà tutto questo?
Impossibile dare una risposta certa. In ogni famiglia si creano dinamiche particolari che possono favorire o meno l’indole violenta e possessiva di un futuro uomo.
Da parte mia, credo che anche i maschi debbano contribuire ai lavori domestici, per esempio. Si continua a puntare sulle femmine – tra l’altro non sempre così disponibili ad aiutare – dimenticando che i maschi possono fare esattamente le stesse cose. Cominciare subito a chiedere aiuto in piccole faccende, come raccogliere i giochi da terra, buttare qualcosa nella spazzatura, svuotare la lavatrice, sistemare i propri vestiti, credo possa servire a creare un clima in cui è bello e naturale aiutarsi reciprocamente.
Ora aiutano la mamma e il papà, poi aiuteranno la propria compagna.
Quando è il caso, poi, faccio notare ai miei bambini che donne e uomini possono essere bravi esattamente allo stesso modo nello svolgere alcune attività: il papà cucina, stende, lava i piatti; la mamma guida la macchina, aggiusta le cose, è forte.
Credo che il contributo di tutti i genitori sia il minimo da garantire, per cercare di arginare questa insensata e pericolosa violenza maschile.
E tu, cosa fai con i tuoi figli?
A presto,
Adele
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