Piove. La mia tattica degli occhiali da sole per nascondere gli occhi lucidi va subito a farsi benedire.
Ci svegliamo tutti di buonumore. Fabio è perfettamente consapevole che oggi andrà all’asilo, e ne è contento.
Colazione, coccole, qualche cartone animato e poi ci vestiamo. Avevo preparato due versioni di abbigliamento, a seconda del tempo, e scelgo la versione “giornata uggiosa”. Fabio si veste senza problemi; dopo due mesi dall’acquisto, qualche giorno fa ha finalmente accettato di provare i grembiulini e oggi lo indossa fiero :-). Quando li abbiamo comprati, invece, si era buttato per terra urlando come un forsennato, pur di non metterli.
Lascio a casa il piccolo con la nonna. Dev’essere un momento tutto per Fabio, e poi il fratellino non è esattamente un angioletto, quindi potrebbe rivelarsi fonte di fastidiosi problemi durante l’operazione “primo giorno d’asilo”.
In macchina ho il magone. Cominciamo bene.
Sento netta la sensazione che sta iniziando un periodo tutto nuovo, per me e per il mio piccolo ometto. Sta per alzarsi il sipario su un’avventura che gli farà compiere grandi passi nel suo percorso verso l’autonomia. Ecco, così il magone sta aumentando. Forse dovrei pensare ad altro, declinazioni latine o formule di geometria (che peraltro non ricordo affatto), per tranquillizzarmi.
In realtà non ce n’è bisogno.
Appena aprono il cancello, Fabio ci sprona “Dai, entriamo!” e appena messo piede nella sua classe, con un bel bruco verde sulla porta :-), e salutato la maestra, si guarda in giro per scovare qualche gioco che abbia le ruote e sceglie una seggiolina per accomodarsi.
Io intuisco subito che con l’abbigliamento “giornata uggiosa” ho fatto cilecca…lì dentro fa un caldo incredibile!
Tutto bene, quindi. Io e il papà imperfetto sembriamo quasi inutili, e ci avviciniamo alla porta. Lo osserviamo per un po’. Arrivano man mano gli altri bambini, ma lui continua tranquillo il suo gioco senza farsi distrarre più di tanto.
Ci sono ben quattordici piccoli che entrano nella sua classe quest’anno, e tra i presenti nessuno piange. Sono un po’ allibita, ma meglio così!
Dopo una decina di minuti decidiamo di andarcene. Un bacio, un sorriso e la promessa di tornare tra un po’ a prenderlo. Fabio sembra non curarsi del fatto che ce ne andiamo, e così togliamo il disturbo.
Tutto ciò senza versare una lacrima, nè lui nè io. Mi sembra quasi incredibile.
Trascorro la mattinata tranquilla, sicura che Fabio sta bene ed è contento.
Quando vado a prenderlo, mi aspetta seduto sulla sua seggiolina con gli occhi lucidi, vicino alla maestra che gli dice “Ecco, guarda che è arrivata la mamma!”
Lui mi viene incontro e con la voce rotta mi dice “Mamma, andiamo a casa!”. Io lo sento un po’ caldo.
Bene.
La maestra mi spiega che durante la mattina ha pianto un po’, dicendo che voleva la mamma e che desiderava tornare a casa. Niente di esagerato però. Reazioni normali il primo giorno ( e anche quelli a seguire forse).
Nonostante il pianto, Fabio mi dice di essere contento, di essersi divertito e di volerci tornare, all’asilo. Ciò mi rasserena.
A un tratto, però, mi è chiaro che la crisi vera potrebbe ancora arrivare, e che il primo giorno in realtà può non essere così traumatico, perché anche il fascino della novità gioca un ruolo importante.
E il secondo giorno? Siamo a casa!!! Fabio non sta bene – l’avevo detto io che era un po’ caldo – ma si riprenderà presto, perché lui vuole tornare alla scuola materna!
A presto,
Adele