Ti racconto una storia…
“Un giorno un uomo trovò un bozzolo, dal quale si intravedeva un piccolo foro. Si sedette e osservò per diverse ore la farfalla mentre lottava per spingere il suo corpo attraverso quel piccolo buco. A un tratto sembrava che avesse smesso di fare progressi. Sembrava che la farfalla avesse fatto tutto ciò che poteva e che non avesse la possibilità di proseguire. Così l’uomo decise di aiutarla prendendo un paio di forbici e tagliando la parte rimasta del bozzolo. La farfalla uscì facilmente, ma aveva un corpo piccolo e gonfio e delle ali avvizzite. L’uomo continuava a osservarla perché credeva che, da un momento all’altro, le ali si sarebbero spiegate e sarebbero state in grado di sostenere il corpo, il quale, con il tempo, si sarebbe contratto. Non accadde nulla! Infatti, la farfalla…non fu mai capace di volare.”
Cosa ci dice questo racconto?
Forzata dall’intervento umano, la farfalla ha perso l’occasione di imparare a volare con le sue forze, l’unico modo che aveva per riuscirci davvero. Lo sforzo della farfalla, infatti, era assolutamente necessario perché le ali diventassero forti al punto da permetterle di volare.
Gli sforzi e gli ostacoli sono spesso proprio ciò di cui ognuno di noi ha bisogno per confrontarsi con se stesso, adulto o bambino che sia.
Parlando dei nostri figli, la fatica che devono fare per crescere e le difficoltà che incontrano fanno parte del percorso, ne sono una tappa indispensabile.
Per questo, se cerchi di forzare tuo figlio a crescere prima del dovuto rischi di confonderlo, o di frenarlo.
Io sono orgogliosa dei miei bambini. Non perché sappiano fare qualcosa di speciale o perché siano particolarmente precoci.
Ne sono orgogliosa semplicemente perché sono i miei bambini e gli voglio bene.
L’orgoglio per i propri figli è del tutto naturale. Talvolta, però, si esagera.
Ti sarà capitato di sentire genitori dire, spesso proprio davanti ai bimbi in questione :
“Roberto a scuola è bravissimo. Pensa che sapeva già leggere a cinque anni e ora porta a casa sempre voti alti. Non per vantarmi, ma ha preso da me, e comunque io lo spingo sempre a dare il massimo!”
Oppure: “Martina ha un talento artistico innato. Disegna benissimo, e sapessi com’è precisa nel colorare! Sembra davvero più grande della sua età!”
O ancora: “Pietro gioca a pallone praticamente da quando è nato ed è diventato fortissimo. Ogni domenica ha la partita e noi facciamo un tifo da stadio – lui, in ogni caso è il migliore della squadra – Che soddisfazione…”
Magari questi bambini hanno davvero una spiccata predisposizione e un talento da coltivare, o magari no.
Per far contenti i genitori e avere la loro approvazione, però, può succedere che questi bambini recitino una parte che non è la loro, e che si sentano in colpa se un giorno non hanno voglia di andare agli allenamenti, o di fare i compiti, oppure che si sentano addosso il peso di un talento che in realtà non gli interessa più di tanto coltivare.
Penso che ci voglia la giusta attenzione per non esagerare.
Caricare i bambini d’impegni e di passioni da seguire sull’onda dell’entusiasmo (nostro), è una strada pericolosa da percorrere. Troppe responsabilità, aspettative molto elevate e poco realistiche, la pretesa che sia più forte e deciso di quello che è, non permettono a tuo figlio di fare il bambino, di essere autentico.
Se per te, mamma, può essere fonte d’orgoglio vedere tuo figlio comportarsi o esprimersi come un bambino più grande, lui ha bisogno di vivere la sua età, senza forzature.
Se si saltano dei passaggi nel percorso di crescita, le mancanze emergeranno più avanti, rischiando di compromettere il delicato equilibrio del “diventare grandi”.
Intendiamoci, una sana ambizione secondo me va benissimo, se si seguono i gusti e le predisposizioni del bambino, ma occorre riflettere sul fatto che le nostre aspettative hanno un potere enorme sui nostri figli, che le intuiscono anche se non gliele esprimiamo in modo esplicito. Per sentirsi accettati, loro faranno di tutto per adattarvisi, con i pro e i contro del caso.
Se Emma si sente continuamente dire di fronte agli altri di essere educatissima, un vera “donnina”, magari non si sentirà libera di fare un capriccio, o di dare una risposta stizzita a chi sempre la elogia.
Pietro, futura stella del pallone – secondo il papà -, avrà quasi paura di dire che non ha proprio voglia di andare agli allenamenti, o che non gli importa più di tanto di diventare un campione.
Se tuo figlio si mostra insicuro o svogliato, il tuo compito è di offrirgli sostegno e comprensione, cercando di capire cosa non va, e non di minimizzare o di sgridarlo.
Se sta cercando rassicurazioni, è il momento di dargliele. Coccolalo e invitalo a non rinunciare, ma senza forzature.
Se tuo figlio ha un talento, non mancherà di manifestarlo naturalmente, se gliene darai la possibilità e non lo soffocherai con le tue richieste.
Se il mio bimbo di nemmeno diciotto mesi parla già piuttosto bene, non vuol dire che sia un genio. Se il cuginetto di quindici mesi cammina ancora malfermo sulle gambe, o se mio figlio di sei anni non mostra alcun interesse per la scuola calcio, nonostante l’entusiasmo di papà e zio, non significa che ci sia qualcosa che non va.
Se c’è una cosa che sto imparando dall’essere mamma, è che ogni bambino ha i suoi tempi, modi, luoghi e comportamenti per crescere, che ci raccontano di come lui vive e affronta ciò che gli accade.
Osserva tuo figlio…e ascoltalo!
A presto,
Adele