3. Il messaggio preventivo in prima persona, infine, comunica ai nostri figli un nostro bisogno, il cui soddisfacimento richiederà, in un futuro più o meno prossimo, la loro collaborazione.
Che si tratti della spesa al supermercato, della prossima vacanza o della visita di un ospite speciale a casa nostra, questi messaggi hanno lo scopo di far conoscere in anticipo al bambino cosa ci aspettiamo da lui.
“Mi piacerebbe che parlassimo adesso di cosa c’è da preparare prima di partire per il mare, così avremo tempo di fare tutto, e di come ci dovremo comportare in albergo.”
“Oggi pomeriggio andremo a fare la spesa e vorrei ricordare insieme a te quali sono le regole da rispettare quando siamo in un supermercato, così potremo sbrigarci senza problemi”
Questo tipo di messaggi, spiega Gordon, induce i bambini a intraprendere, in futuro, una determinata azione per non provocare il dispiacere dell’adulto e li prepara ai possibili cambiamenti che potremmo volere da loro in una certa situazione.
Gordon riporta molte testimonianze concrete a sostegno delle sue tesi. Vi riporto un esempio relativo a una situazione verificatasi in un asilo.
I bambini sono stati divisi in due gruppi, e collocati in due classi.
Al primo gruppo l’educatrice ha detto: “Questi giochi non devono essere toccati, perché sono molto fragili e non ne ho altri. Se si rompono non potrò più usarli”. Si tratta di un messaggio preventivo in prima persona.
Il messaggio al secondo gruppo suonava invece così: “Guai a voi se toccate questi giocattoli, se scopro che l’avete fatto vi punirò!”
Bene, i bambini sono stati lasciati soli per 20 minuti e il risultato è stato che quelli del primo gruppo hanno disubbidito molto meno di quelli del secondo.
Perché? Il messaggio in prima persona ha attivato il “freno interno” dei bambini, invece di porre un freno esterno, su cui i bambini sentono di non avere alcun controllo.
E l’ascolto attivo?
Durante un dialogo con nostro figlio, offrire un ascolto attivo significa rispondergli in modo tale da esprimere la nostra comprensione e accettazione empatica di ciò che lui sta comunicando e provando. Significa fargli capire che siamo davvero interessati a ciò che sta dicendo e che siamo in grado di metterci nei suoi panni.
Prima ascoltiamo e poi rispondiamo, riflettendo con parole nostre quello che nostro figlio ci ha detto, dimostrando di averlo capito.
Ti riporto un esempio di Gordon, in cui l’ascolto attivo viene usato al posto della lode:
Luca: mamma,pensi che sia migliorato nel tenere in ordine la mia stanza?
Mamma: mi pare che tu pensi di essere migliorato, vero Luca?
Luca: sì, in effetti mi sembra un po’ meglio rispetto a prima.
Mamma: vedi dei miglioramenti?
Luca: Sì, però mi dimentico ancora di svuotare il cestino.
Mamma: immagino per te sia difficile ricordarti di svuotarlo.
Luca: infatti. Credo di aver bisogno che qualcosa me lo ricordi. Magari potrei preparare un cartello e appenderlo alla porta.
La mamma non ha valutato, non ha lodato, ma si è fatta specchio dei sentimenti del figlio, e lo ha stimolato a trovare da solo la soluzione a un problema emerso durante il dialogo.
E’ il figlio stesso che esprime una valutazione sui propri progressi nel riordinare la stanza, e che trova una soluzione efficace..
Il beneficio maggiore di questo approccio penso sia il fatto che si offre al bambino un’occasione di crescita, di far maturare il proprio senso di responsabilità, di imparare a svolgere un ruolo attivo nella risoluzione di problemi.
E prima si comincia, meglio è.
I miei bambini sono piccoli – due anni e tre anni e mezzo – ma anche con loro è possibile parlare in prima persona e ascoltarli in modo attivo, chiaramente in riferimento alle esperienze semplici che fanno parte della loro vita: una macchinina che si rompe, il pupazzo preferito che non si trova, i loro piccoli e grandi progressi quotidiani, le inevitabili difficoltà.
Vi posso assicurare che questo tipo di approccio spesso mi permette di evitare l’esplodere di una crisi, e di aiutarli a calmarsi.
Si tratta di uno stile comunicativo in cui credo, e che penso sia utile sviluppare anche in previsione dei conflitti dell’adolescenza.
Insomma, se “prendo la mano” adesso, magari ci arriverò più preparata :-).
Se volete saperne di più, continuate a seguirmi!
Buona comunicazione a tutti,
a presto,
Adele